Editoriale Numero Zero

Esistono modi diversi di produrre, distribuire e consumare il cibo.

Esistono sistemi alimentari che impoveriscono i suoli, fanno un uso elevato di fertilizzanti, diserbanti e insetticidi chimici, inquinano l’aria e l’acqua; sistemi alimentari nei quali i produttori e le produttrici sono subalterni/e a grandi corporation multinazionali che controllano i semi, le tecnologie, i capitali; nei quali le condizioni di lavoro e di vita dei e delle braccianti, spesso migranti, sono drammatiche; nei quali il cibo si sposta a grandi distanze e la distribuzione è dominata da poche grandi catene di supermercati. Questi sono i sistemi dominati dalla logica del profitto, dal capitalismo avanzato.

Esistono invece sistemi alimentari nei quali i produttori e le produttrici sono attente/i alla rigenerazione dei suoli e coltivano piante e allevano animali cercando un equilibrio rispettoso degli altri esseri viventi; sistemi alimentari nei quali produttori e produttrici, assieme a consumatori e consumatrici, costruiscono comunità che, a partire dal cibo, cercano una propria autonomia nella riproduzione dei semi, nella preparazione di tecnologie, nel reperimento dei capitali; sistemi alimentari che cercano di garantire la dignità di tutte e tutti coloro che lavorano la terra; nei quali il cibo viene consumato il più possibile vicino al luogo di produzione, attraverso una piccola distribuzione fatta di mercati contadini, gruppi di acquisto solidale, comunità di supporto all’agricoltura, empori cooperativi. Pensiamo da un lato ai sistemi alimentari di molti popoli “nativi” e dall’altro lato ai modi di produrre cibo di chi oggi cerca una via di uscita alle crisi attuali.

Certo, perché il mondo è oggi attraversato da tante crisi e questioni drammatiche: le guerre, anzitutto; le questioni ambientali dovute all’inquinamento, all’esaurimento delle risorse, alla perdita di biodiversità, al cambiamento climatico di origine antropica; le crisi economiche e le crisi energetiche, spesso legate ai conflitti, ma anche alla transizione da fonti fossili a fonti rinnovabili; la questione migratoria, per cui le persone che si spostano (dai paesi più poveri ai paesi più ricchi, ma anche viceversa) rischiano la vita e sono costrette ad affrontare patimenti e umiliazioni.

L’agricoltura, la terra, il cibo sono legate a molte di queste crisi globali. Il modo con cui il cibo viene prodotto, distribuito e consumato può contribuire ad aggravarle o ad alleviarle. Per questo “terra, cibo, ecologia”, ovvero il sottotitolo che abbiamo dato a questa “Rivista contadina”, non riguardano soltanto l’agricoltura e l’alimentazione.

Negli ultimi decenni è cresciuto, nel mondo e in Italia, un vasto movimento di persone che hanno compreso la portata di queste sfide, di queste crisi, di questi rischi, e che mettono in pratica modi al contempo antichi e nuovi, ma più consapevoli, per coltivare la terra e produrre, distribuire e consumare il cibo.

Agricoltori che producono da anni con metodi biologici, spesso insofferenti alle certificazioni, o che convertono le proprie aziende per coltivare in maniera più sostenibile e autonoma; giovani che cercano nella terra un modo di vivere più sano e sensato; braccianti che si mobilitano per chiedere salari più dignitosi o per produrre in autogestione; consumatori e consumatrici che si auto-organizzano per acquistare cibo sano, sostenendo chi produce e chi lavora; cooperative, comunità, associazioni, gruppi di acquisto solidale…

Un movimento consapevole delle proprie ragioni. Un movimento che però è ancora frammentato, disperso, non rappresentato da nessuna delle maggiori organizzazioni di categoria degli agricoltori né dalle organizzazioni sindacali. A questo movimento si rivolge in primo luogo questa rivista, come strumento di informazione, elaborazione, divulgazione, ma anche di discussione tra visioni differenti. Uno strumento libero e indipendente, profondamente radicato e attento a quello che accade, a livello locale e a livello globale.

Nei giorni in cui chiudiamo questo numero zero, in molti paesi europei e in Italia si tengono ampie e complesse proteste di agricoltori: ci sembra un nuovo, importante segnale delle contraddizioni e della crisi del sistema agroindustriale, di cui vogliamo occuparci nei prossimi numeri. Proteste che indicano, a nostro parere, ancora più la necessità di costruire un’alternativa.

La rivista nasce dalla volontà e dall’incontro di persone che fanno mestieri diversi per vivere: contadine e contadini, che faticosamente sottraggono tempo al lavoro dei campi per leggere, studiare, scrivere; consulenti agronomi/e, che si sforzano di mettere al servizio delle aziende agricole i propri saperi e di farli crescere nel confronto con chi lavora la terra; ricercatrici e ricercatori in scienze sociali e politiche, animate/i dalla voglia di mettere alla prova le ipotesi su cui fanno ricerca; persone che, oltre a questo, hanno anche altre occupazioni – insegnanti, educatori/trici, operatori/trici sociali o all’interno di associazioni e Ong. Tutte e tutti in vario modo impegnate/i come attiviste/i, dentro reti alimentari contadine, nelle quali si prova a praticare collettivamente – spesso faticosamente, ma anche con gioia e convinzione – quei principi che vorremmo fossero alla base dell’agricoltura e del cibo del futuro. Persone che potete incontrare nei mercati contadini, luoghi che sono un punto di incontro, confronto, scambio di cibo e cultura.

Per costruire un mondo nuovo e basato sui principi della dignità, della solidarietà, della giustizia sociale e ambientale, dell’agroecologia, senza discriminazioni dovute alla provenienza, al genere e all’orientamento sessuale e religioso, c’è bisogno di progetto, di impegno, di pratica, di confronto, di studio, di formazione, di discussione, di apprendimento dai propri errori. Di organizzazione e di lotta. Con questa rivista intendiamo dare il nostro – certamente modesto – contributo a questa elaborazione, a questo lavoro comune.

In questo numero zero, cominciamo guardando non solo all’Italia, ma al mondo: per questo proponiamo un resoconto della conferenza globale de La Via Campesina, che si è tenuta in Colombia nel dicembre 2023, ed il racconto di una esperienza legata al movimento dell’economia popolare in Argentina, che tiene insieme le fabbriche recuperate dagli operai e i movimenti per l’agroecologia. Guardiamo non solo al mondo contadino, ma anche a quello del lavoro in generale e ci chiediamo come possano i ceti più poveri accedere a cibo sano e prodotto senza sfruttamento, che invece è solitamente più costoso e acquistato per lo più da persone benestanti. E guardiamo anche ai braccianti, soprattutto stranieri, e alla necessità di impegnarci perché possano vivere e lavorare in maniera dignitosa. Guardiamo alla questione delle tecnologie e a come esse debbano essere pensate e costruite per un uso a misura di essere umano, contadino e conviviale; e guardiamo con preoccupazione al pericolo che nei campi italiani ed europei si diffondano invece piante provenienti da semi generati attraverso “nuove tecniche genetiche”, contro le quali è necessario mobilitarsi. Osserviamo i disastri provocati dalle catene alimentari industriali, che contribuiscono alla circolazione di agenti patogeni potenzialmente catastrofici e sono causa di pesanti crisi idriche. Nel numero zero diamo anche il via ad alcune rubriche che ci accompagneranno nei prossimi numeri e proponiamo letture e visioni di libri e film che crediamo sia utile e importante leggere e guardare.

È un numero “di prova”: non certo perfetto, nella forma e nei contenuti. Speriamo che risponda a un’esigenza sentita, che sollevi l’interesse di molte lettrici e di molti lettori e che possiate sostenerci (attraverso acquisti, sottoscrizioni, abbonamenti) e inviarci critiche, suggerimenti, proposte, per crescere e migliorarci nei prossimi numeri. Speriamo che ci aiutiate a diffonderlo e a discuterlo, nei mercati contadini, negli empori cooperativi, nei punti di distribuzione dei gas e delle csa, nelle aziende agricole.

Abbiamo deciso di produrre una rivista di carta – e non soltanto digitale – proprio perché diventi uno strumento di comunicazione e diffusione permanente e concreta, materiale, da portare nell’azienda vicina e magari da leggere in una pausa del lavoro nei campi, all’ombra di un albero o durante le lunghe serate invernali.

Chiudiamo l’editoriale di questo numero zero esprimendo la nostra solidarietà e il nostro supporto alla causa del popolo palestinese, per le terribili sofferenze che in questi mesi sta soffrendo a causa dell’attacco dell’esercito israeliano a Gaza.

L’immagine di copertina del numero zero di questa rivista ci è stata donata da Simone Massi, che ringraziamo di cuore. È un’immagine tratta da “Samouni Road”, documentario diretto dal regista Stefano Savona e uscito nel 2018, che ricostruisce la storia di una famiglia di agricoltori di Gaza, nella quale 28 persone furono uccise dall’esercito israeliano durante la guerra del 2009, mentre i loro campi venivano in buona parte distrutti. Guardare questo documentario aiuta a intuire, seppur da lontano, cosa sta succedendo oggi in quel luogo, dall’angolatura particolare dell’agricoltura, che ha tempi e modi lenti e faticosi. La rabbia e l’indignazione che suscita sono necessarie e non devono sfociare in un senso di impotenza.

Cosa possiamo fare per sostenere le popolazioni – e in particolar modo chi coltiva la terra, produce cibo, difende l’ambiente di vita e il proprio diritto all’autosussistenza – che in tutto il mondo sono oggetto di attacco da parte di eserciti e governi?

Ricostruire anche in Italia un importante e consapevole movimento sociale di contadine e contadini, lavoratrici e lavoratori, consumatrici e consumatori, per l’agroecologia, può e deve avere l’obiettivo anche di garantire questa solidarietà con persone e comunità lontane. Per questo traduciamo e pubblichiamo anche una dichiarazione di solidarietà de La Via Campesina con il popolo palestinese.